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ANSIA: PRIGIONIERI IN CASA PROPRIA

Un uomo che teme di soffrire, soffre già di quello che teme.
Michel de Montaigne

 

Chi soffre di "agorafobia" non ha paura, come si sente dire spesso, degli spazi aperti, bensì teme di stare male in luoghi dai quali è difficile o imbarazzante scappare o che si trovano troppo lontano da casa. Quindi non è solo un problema di "divieto di uscita" (come ad esempio sui mezzi di trasporto) ma è anche una questione di vergogna di star male in mezzo ad altre persone e dover giustificare la fuga (in questo senso anche il partecipare a qualche evento, come un matrimonio, è causa di forte preoccupazione)

L'idea stessa di uscire dalla propria abitazione è motivo sufficiente per sperimentare un senso di tensione generalizzato e gli unici spostamenti sono quelli per il lavoro e le piccole incombenze quotidiane. Anzi, se si tratta di andare al supermercato spesso la persona o si fa accompagnare o entra da sola solo per comprare poche cose e accedere alla cassa veloce.

La casa diventa la gabbia sicura.


È facile capire quindi come, contemporaneamente all'aspetto fobico, le persone presentino anche tratti depressivi che andrebbero però considerati quali conseguenza dell'agorafobia e non una problematica aggiuntiva. La prova di questo è visibile al termine del percorso psicologico: risolto il disturbo d'ansia, la persona riprende in mano la propria vita e la propria serenità.

Il modello di lavoro breve strategico permette alla persona di allargare progressivamente i propri confini fornendo strategie efficaci che diventano armi pronte all'uso per la gestione dell'ansia fino al momento in cui non saranno nemmeno più necessarie.

Se sei arrivato o arrivata fin qui nella lettura, vorrei raccontarti la storia di un cambiamento spontaneo con l'obiettivo di mostrare quanto le nostre risorse siano maggiori di quello che spesso pensiamo.

 

"QUANDO LA DISPERAZIONE SALVA UN UOMO*

Un uomo di mezza età, scapolo, viveva piuttosto isolato perchè era afflitto da una forma di agorafobia; il territorio libero dall'angoscia si andava progressivamente restringendo.
Alla fine giunse al punto non solo di non poter più andare a lavorare, ma anche di non riuscire più a recarsi nei negozi vicino casa per comprare cibo e altri prodotti di prima necessità.


Disperato, decise di suicidarsi. Salì in macchina diretto verso la cima di un monte, distante circa 80 km dalla sua abitazione, convinto che dopo aver guidato attraverso alcuni abitati l'angoscia o un attacco cardiaco lo avrebbero senz'altro fatto passare a miglior vita.
Il lettore può indovinare come la storia finì: non solo arrivò sano e sano a destinazione ma, per la prima volta dopo molti anni, non sentì l'oppressione dell'angoscia." 

*tratto da "Change" di Watzlawick, Weakland, Fisch, 1978

Se vuoi provare a fare un piccolo passo per uscire dal problema contattami cliccando qui, sarò felice di aiutarti

 

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